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BACCANTI
di Euripide

«Più degna dal ciel non è onoranza che all’inimico imporre sovrana sua possanza»

Foto di Artphotogram

A Tebe il culto di Dioniso è proibito: il nuovo re Penteo nega la natura divina del figlio di Semele, istigandone l'ira profonda: il dio stesso stravolge l'ordine e adultera i cervelli delle donne. Con loro, in preda alla mania bacchica, anche Agave, madre di Penteo e sorella di Semele. Comincia così l'ultimo dramma euripideo, in cui la forza del divino si manifesta in un culto capace di cose straordinarie e in grado di rompere la catena delle necessità che dominano la vita ordinaria. Portavoce delle «fenomenali azioni, miracoli, che dir si voglia», il coro delle Baccanti venute dall'Asia, seguaci volontarie e fedeli di Dioniso.


Attraverso l’originale traduzione di Ezio Savino, viene messa in scena una nuova lettura sperimentale del testo tragico. Così le «'Mpazzite», le Baccanti eroiche pellegrine di Dionìso cantano un cantico che, in qualche modo, rispecchia il magma sonoro e formale presente nell'originale e che carica di significato tutte le vicende che si susseguono nella tragedia, a partire da quell'inconprensibile sdoppiamento di creature che, nella schiavitù al dio, conquistano la libertà.

 

Direzione drammaturgica: Elisabetta Matelli 
Direzione artistica e regia: Christian Poggioni

Allestimento: Eri Çakalli

Scene e costumi: Dino Serra

Musiche: Adriano Sangineto

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